Escursionismo in estate

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Gita tra i prati fioriti vicino al confine Nr. 1514
Rifugio Saoseo — t • GR

Gita tra i prati fioriti vicino al confine

La natura incontaminata della Val da Camp e i suoi coloratissimi prati fioriti creano un paesaggio mozzafiato. Tra i due edifici in pietra del Rifugio Saoseo, il sentiero di montagna si inerpica per un breve tratto e già dopo un quarto d’ora si arriva al lago di Saoseo, incastonato nell’incantevole vallata e dal colore verde smeraldo in cui si riflettono i colori dei pini cembri e dei larici. Sulle sue rive sbocciano le rose alpine. La Val da Camp, non molto coltivata, è il regno della flora alpina. Il lago di Val Viola, un po’ più grande, invita a riposarsi sulle sue sponde. Proseguendo si raggiunge un piccolo capanno in legno, dove il sentiero si dirama verso destra e attraversa un torrente per poi inerpicarsi più ripido. A metà della salita, dopo una sporgenza rocciosa, c’è uno splendido prato pieno di nigritelle, astri alpini, vari tipi di trifoglio, campanule e molti altri fiori. Sono state trovate persino una nigritella color vaniglia e la rarissima orchidea nana delle Alpi (Chamarchis alpina). Bisogna però guardare bene, perché quest’orchidea è verde e alta solo 5-15 cm. Questa specie cresce solo tra i 1500 e i 2700 m s.l.m. Un fiore propriamente alpino! Predilige le posizioni ventilate nelle praterie rase alpine. Ed è lì che è possibile trovarla nella Val da Camp. Si prosegue poi lungo il passo senza nome e si scende al Rifugio Viola. Qui è Italia e nel rifugio già si sente l’aria del Sud. Da un’antica mulattiera lastricata si arriva al Passo di Val Viola. Conviene però svoltare a destra sul sentiero poco prima del passo. Attraverso un breve tragitto a zigzag si raggiunge il piccolo altipiano di Plan da la Genzana. Da lì si imbocca il sentiero sulla destra e si scende alla Valle di Campasciol, che riporta al lago di Val Viola. Ai bordi del sentiero si possono ammirare ancora splendidi fiori. Dalle ripide pareti rocciose della Val da Camp sbocciano fiori meravigliosi come l’arnica, le campanule, l’artiglio del diavolo. Una gioia per gli occhi!
Castagne, scale e rustici in Ticino Nr. 1505
Maggia — t • TI

Castagne, scale e rustici in Ticino

Numerose lastre di pietra sono state accuratamente accatastate per formare scale, sentieri e passerelle, tanto che in passato diversi capi di bestiame sono passati da qui verso i pascoli della Valle del Salto. Il grande impegno nella costruzione dei sentieri dimostra quanto fossero importanti le Alpi per assicurare la sopravvivenza dei montanari. Oggi sono rimaste solo poche capre e naturalmente gli escursionisti, che possono immergersi nell’antico patrimonio culturale ticinese percorrendo l’itinerario circolare. Arrivati alla Cappella della Pioda il sentiero si divide: il lato destro (orograficamente sinistro) della valle è ombreggiato e fresco anche in estate, l’ideale per salire. Il sentiero, costeggiato da castagni secolari, passa accanto a rifugi alpini, alcuni decadenti, altri meravigliosamente rinnovati e utilizzati oggi come rustici o case di vacanza. Grazie a questo utilizzo vengono preservate radure, che favoriscono la biodiversità e che fanno parte dell’attrazione escursionistica. In fondo alla valle, dove una piccola diga attraversa il Riale del Salto, ecco la grande sorpresa: due piscine naturali con acqua cristallina invitano a una nuotata rinfrescante. Dopo questo ristoro, l’ultima salita verso il punto più alto dell'escursione sembrerà facile, il versante soleggiato della valle è tutto in discesa! Poco prima della Cappella della Pioda, un vecchio ponte in pietra, costruito ad arte e ad altezze vertiginose, conduce dall'altro lato del torrente. Qui si conclude l’itinerario e ciò che si è perso durante la salita, sarà recuperato: basta contare i gradini che, attraverso il vigneto, scendono di nuovo verso Maggia...
Val Bavona autunnale Nr. 1560
San Carlo — o • TI

Val Bavona autunnale

Le Alpi sopra la stretta Val Bavona sono l’esatto contrario della valle. Sono vaste, ariose e in autunno si riempiono di colori. Spesso i percorsi si dipanano lungo scalinate costruite a picco sui fianchi verticali. È impegnativa, ma può essere tranquillamente suddivisa anche in due giornate, con un pernottamento al Rifugio Piano delle Creste. Di fronte al borgo di San Carlo, il percorso sale inizialmente attraverso un fitto bosco di faggi e, successivamente, attraverso un rado bosco di betulle e larici. A quota 1700 metri si raggiunge il limite degli alberi. Poco dopo si incontrano gli edifici di alpeggio di Corte Grande, uno dei primi insediamenti alpini. Il percorso si snoda ora lungo ruscelli e cespugli di ontano. Un segno inequivocabile che l’uomo si è ritirato: l’agricoltura alpestre in Val d’Antabia è stata infatti abbandonata nel 1967. Gli edifici di alpeggio di Pianascióm sono stati convertiti nel Rifugio Piano delle Creste. Da qui il percorso sale brevemente in direzione dei Laghetti d’Antabia. Al primo laghetto, il percorso per l’Alpe di Solögna devia a sinistra e, attraversando lastre di roccia e sassi alternati a una vegetazione brulla, si giunge alla Bocchetta Fornasèl. Nei 300 metri successivi si attraversano i sassi della ripida valle laterale del Mött dell’Alpe di Solögna, fino a raggiungere una spalla di roccia. Da qui in avanti occorre procedere con un po’ di intuizione e buon senso, essendo il percorso scarsamente segnalato; si scende in direzione sud-est attraverso un’ampia fessura in una fascia rocciosa, raggiungendo così gli edifici alpini di Sedone. Da qui il percorso, di nuovo in buone condizioni, conduce dapprima ai borghi alpini di Corte Grande e Corte Nuovo poi, come in Val d’Antabia, attraversa un rado bosco di larici e ripide scalinate in pietra sapientemente costruite sul pendio, scendendo infine verso Roseto.
Ad alta quota sulla Valle Verzasca Nr. 1561
Frasco, Chiesa — e • TI

Ad alta quota sulla Valle Verzasca

In una bella giornata autunnale, nulla fa presagire quanto possano essere selvagge e, talvolta, pericolose le montagne del Ticino settentrionale. Fa eccezione il segno giallo sul campanile della chiesa di San Bernardo, che mostra l’altezza della valanga che nel 1951 uccise cinque persone a Frasco. Da qui inizia l’escursione di due giorni, che risale i ripidi pendii fino a 2433 metri sul livello del mare, scendendo poi nella romantica Valle Verzasca. Si parte con calma costeggiando il Riale d’Efra fino all’ex malga Montada. Poco più in alto, diversi torrenti confluiscono creando cascate che sgorgano dai ripidi pendii. Il percorso sale poi lungo vari tornanti fino all’Alpe dell’Efra e al Lago d’Efra. In autunno, questo è un paradiso degli amanti dei mirtilli. Dal lago si raggiunge in mezz’ora la Capanna Efra, dove si farà tappa. Nel rifugio autogestito sono disponibili bevande e provviste per pasti frugali. Dopo una notte tranquilla all’interno dell’ex stalla, si prosegue verso il Passo di Gagnone, dove si apre una splendida vista sulla Leventina e sulle Alpi Grigionesi meridionali. Per raggiungere il punto più alto, la Bocchetta dello Scaiee, restano ancora 200 metri di dislivello e un tratto di strada abbastanza esposto, ma assicurato con catene. Vale la pena fare una piccola deviazione fino alla vetta dello Scaiee. La lunga discesa fino a Lavertezzo conduce attraverso il valico di Bassa di Motto all’Alpe Mazèr, un tempo maestosa. Da qui si prosegue lungo splendidi sentieri in lastre di pietra fino a Corte Nuovo e si scende verso Agro lungo un ripido percorso. Seguendo la valle, si raggiunge in un’ora e tre quarti Lavertezzo, con il famoso ponte ad arco sulla Verzasca.
I borghi della Valle Verzasca Nr. 1562
Lavertezzo, Paese — a • TI

I borghi della Valle Verzasca

Questa escursione su un percorso ombreggiato fino a Revöira è un tuffo nella vita degli abitanti della Verzasca, quando la maggior parte di essi erano ancora commercianti di bestiame. È segnalato come percorso etnografico. L’impegnativa escursione per famiglie parte dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli a Lavertezzo. Un sentiero lastricato sale in direzione della valle verso Sambugaro. Il percorso incrocia il paese sulla strada principale, per poi inoltrarsi nel bosco. Ci si trova subito circondati da ombrosi boschi misti di latifoglie e si inizia lentamente a salire. Il percorso è disseminato di edicole votive, piccoli luoghi di culto: in passato la via era molto trafficata e Revöira era un luogo importante, una malga dove gli abitanti della Verzasca pascolavano il bestiame prima e dopo l’alpeggio, raccogliendo più fieno possibile durante l’estate, anche nelle fasce rocciose della Föpia, l’imponente montagna che domina Revöira. L’aspetto più sorprendente è che a Revöira non esistono né fonti né ruscelli! Per questo gli abitanti della Verzasca raccoglievano l’acqua piovana e l’acqua di falda dove possibile. Le enormi cisterne di Revöira sono estremamente impressionanti. Dopo aver visitato gli edifici e gli impianti, il percorso scende attraverso il bosco fino a Casa di Dentro, un successivo nucleo con vasche monolitiche in cui veniva raccolta l’acqua piovana. Anche il recinto circondato da mura di un certo Gioaquin è sorprendente. Il percorso digrada ora lungo il fianco della valle, fino a trasformarsi in un sentiero ripido che scende con stretti tornanti fino al borgo di Motta sulla Verzasca che, dopo la deviazione nel mondo delle malghe e dell’acqua che scarseggia, invita a godersi un buon bagno fresco.
Nel bosco autunnale di Lodano Nr. 1563
Ponte di Lodano — t • TI

Nel bosco autunnale di Lodano

Il bosco nella Valle di Lodano in passato non esisteva. Quando gli alberi hanno iniziato a crescere, per molto tempo sono stati abbattuti senza alcun riguardo. Da quasi 50 anni, quella che oggi è una riserva naturale è stata finalmente risparmiata e in un futuro forse non troppo lontano diverrà patrimonio mondiale dell’UNESCO. Chi si inoltra nella valle attraverso il bosco scoprirà una grande varietà di alberi e in autunno potrà persino raccogliere castagne. Il percorso ad anello ha inizio alla fermata dell’autobus e conduce al paesino di Lodano. Alla chiesa si svolta a destra in direzione di Ronchi, con il suo piccolo vigneto. Subito dopo, un segnavia indica la direzione di Solà e ha inizio una salita che costeggia un lungo muro a secco. Se ne troveranno altri in mezzo al bosco, costruiti quando i terreni erano ancora adibiti a pascolo. Il percorso prosegue in salita fino a Solada d’Zott, dove vi attende un borgo con tipiche case ticinesi, con i loro pergolati ricchi di grappoli uva in autunno. Durante la salita ci si imbatte spesso in antiche carbonaie e in tracce di cavi che un tempo venivano tesi fino a valle. Su queste corde, chiamate bordion, i lavoratori appendevano rami sistemati a forchetta, su cui appoggiavano tronchi d’albero, lasciando poi scendere il tutto a valle. Fino alla metà del secolo scorso vaste aree forestali sono state disboscate in questo modo per la produzione di legname. Giunti a Solà, si prosegue in direzione di Canigèe, poi di Castello. Imponenti castagni e faggi sono disseminati lungo il percorso, che a Castello cambia lato della valle, scendendo di nuovo verso Lodano. Poco prima, a Predagrossa, si lascia il percorso segnalato verso sinistra e ci si inoltra di nuovo nel bosco, costeggiando un muro a secco. A breve si giunge a una carbonaia ricostruita e a un bordion, due simboli dei tempi passati. A Scaleta si può abbreviare il percorso, imboccando la stradina in direzione est fino alla fermata dell’autobus.
Von der Iffigenalp zu den Simmenfällen Nr. 1642
Iffigenalp — e • BE

Von der Iffigenalp zu den Simmenfällen

Vom Start bei der Iffigenalp wandert man kurz auf der Strasse zurück und biegt dann auf den Bergweg ab, der zur Alp Ritz hinaufführt, wo es preisgekrönten Alpkäse zu kaufen gibt. Rasch ist die Hochebene der Langermatte erreicht. Von hier erreicht man in einem kurzen Abstecher über ein steileres Gratstück den Gipfel des Oberlaubhore. Wer will, kann etwas absteigend noch auf die Schulter mit dem Kreuz wandern. In dieser Gegend soll sich zur Reformationszeit, als die Lenker Männer zu einem Krieg eingezogen worden waren, die «Wyberschlacht» ereignet haben. Über die Langermatte führte früher der Weg über den Rawilpass ins Wallis. Die Sage erzählt, dass die Walliser an der Lenk Vieh geraubt und über den Pass getrieben hätten. Lenker Buben konnten das Vieh jedoch in einer Nacht-und-Nebel-Aktion zurückbringen. Danach stürmten die Walliser wieder über den Rawil gegen die Lenk. Auf der Langermatte versperrten ihnen aber die Lenker Frauen mit Heugabeln und Sensen bewaffnet den Weg und schlugen sie in die Flucht. Zurück bei der Langermatte, führt der Weg durch Lärchenwald, den man eher im Wallis erwarten würde, zu den faszinierenden sibe Brünne. Das Schmelzwasser vom Rezligletscher und vom Glacier de la Plaine Morte sickert durch den Untergrund und schiesst in vielen Strahlen aus der Karstquelle der sibe Brünne. Im weiteren Abstieg schäumen noch viele Wasserfälle am Weg, allen voran die Simmenfälle bei der Barbarabrügg, wo eine Abkühlung durch Wasserspritzer garantiert ist.
Auf dem Bauernpfad nach Charmey Nr. 1615
La Valsainte — y • FR

Auf dem Bauernpfad nach Charmey

Liebhaber natürlicher und vom Menschen gestalteter Landschaften kommen auf dieser gemütlichen Wanderung gleichermassen auf ihre Kosten. Los geht es bei der imposanten Kartause La Valsainte, bestehend aus einer Vielzahl von harmonisch angeordneten Gebäuden. Im Waldstück hinter der Klosteranlage beginnt ein Bauernpfad, angelegt vom Regionalen Naturpark Gruyère Pays-d’Enhaut in Zusammenarbeit mit den Landwirten der Region und Teil eines ökologischen Netzwerks, über das man auf den unterwegs angebrachten Lehrtafeln mehr erfahren kann. Eine Holzbrücke führt über den Javro, der sich durch das gleichnamige, idyllische Tal schlängelt, und zu einem Picknickplatz mit Blick auf den Fluss. Über einen kurzen Anstieg erreicht man die Gemeindestrasse und wenig später einen lauschigen Pfad, dem man bis nach Charmey folgt, zuerst alles geradeaus und dann nach einer Abzweigung über Weiden und durch Wälder bis zur Alp Montminard. Die Route bietet zahlreiche schöne Ausblicke auf die umliegenden Berge, das Tal und seine charakteristischen Agrarlandschaften mit Wiesen, Scheunen, Höfen, markanten Einzelbäumen, Obstgärten, Hecken und vielem mehr. In Charmey angekommen, sollte man vor der Heimreise unbedingt noch etwas Zeit im hübschen Voralpendorf verbringen, zum Beispiel mit einem Besuch der Bäder, des Museums oder eines der Restaurants, die typische Greyerzer Spezialitäten servieren. Sehenswert sind auch die alte Schmiede von La Tzintre und der örtliche Käsekeller, in dem bis zu 1500 Laibe Freiburger Vacherin und 6000 Laibe Gruyère AOP lagern.
Rund um die Gastlosen Nr. 1616
Gastlosen, Mauzes Bergle — t • FR

Rund um die Gastlosen

Die Wanderung mit Start und Ziel in Jaun ist äusserst abwechslungsreich und insbesondere für Naturliebhaber hochinteressant. Im Zentrum stehen die im Zuge der Alpenbildung entstandenen, bis zu fast 300 Meter senkrecht in die Höhe ragenden Kalksteinwände der Gastlosen, einer majestätischen, als Landschaft und Geotop von nationaler Bedeutung eingestuften Bergkette. Zunächst geht es mit dem Sessellift von Jaun hoch aufs Mauzes Bergle. Der Weg zum ersten Etappenziel, dem Chalet du Soldat, führt durch den geheimnisvollen Stillwasserwald, vorbei an mächtigen Arven, die auf grossen Felsbrocken am Fuss der Steilwände thronen. Vom Pfad aus sieht man das Grossmutterloch, eine Öffnung in der Wand der Pfadflue. Der Legende nach soll hier der Teufel im Zorn seine Grossmutter gegen die Felsen geschmettert haben. Tatsächlich dürfte das Naturphänomen nach Ansicht von Geologen auf Erosion zurückzuführen sein, ausgelöst durch Spalten im Gestein. Nach dem Chalet du Soldat mit seiner schönen Südterrasse folgt ein technisch etwas anspruchsvolleres Stück bis zum Wolfs Ort (1915 m), dem höchsten Punkt der Wanderung. Ab hier verläuft die Route der Südflanke der Gastlosen entlang, vorbei an Trockenweiden und einigen Geröllfeldern. Die Gegend ist ein wahres Paradies für Kletterer, die sich auf den von abrinnendem Wasser geformten und von der Sonne beschienenen Kalksteinplatten geschickt nach oben arbeiten. Am Nordende der Bergkette lädt das Bergbeizli Chalet Grat zu einer Rast ein, bevor ein abschüssiger Pfad in eine Schleife durch den kühlen Mattenwald führt. Bald danach ist man zurück beim Mauzes Bergle, von wo es wahlweise per Sessellift, mit dem Trottinett oder zu Fuss wieder hinunter nach Jaun geht.
Dreiseenblick im Kanton Obwalden Nr. 1496
Turren — l • OW

Dreiseenblick im Kanton Obwalden

Von der Bergstation Turren aus lohnt sich vor der Wanderung der kurze Abstecher auf den gleichnamigen Berg. Oben blickt eine Schildkröte aus Hufeisen in die Ferne zu den Obwaldner und Urner Gipfeln. Hinter dem Brünigpass präsentieren sich weisse Viertausender der Berner Alpen. An der offiziellen Feuerstelle bereiten Ausflügler ihre Häppchen zum Grillieren zu. Der erste Teil der Wanderung von Turren über Dundel auf die Dundelegg verläuft auf einem asphaltierten Alpsträsschen. Auf den Alpweiden und Feuchtwiesen gaukeln immer wieder farbenfrohe Schmetterlinge vorbei. Das passt gut zum Schmetterlingspfad, dem man streckenweise folgt. Mit Hilfe der Infotafeln am Weg kann man versuchen, die Schmetterlinge zu bestimmen. Auf dem Grasrücken der Dundelegg steigt man zum Sädel, dem höchsten Punkt der Wanderung. Tief unten leuchtet der auqamaringrüne Lungerersee, Richtung Norden sieht man lichtbedingt den Sarnersee in einem schieferblauen Farbton und in der Ferne noch einen bleichen, verwaschenen Streifen des Vierwaldstättersees. Drei Seen auf einen Blick! Aussichtsreich führt der Wanderweg über Alpweiden und durch kurze Waldabschnitte hinunter nach Feldmoos mit dem auffälligen Ankenhubel hinter den Alpgebäuden. Vom Äschligrat aus erblickt man unten am Ufer des Lungerersees bereits das Ziel der Wanderung, Kaiserstuhl mit dem Bahnhofsgebäude und dem nahen Gasthaus. Vorerst führt der Wanderweg noch an der schön gelegenen Alp Emmetti vorbei und dann steil durch den Wald hinunter in Richtung Bürglen und dann der Strasse am Seeufer entlang. Das Freibad mit schönem Brünigblick lädt zum Verweilen ein. Glücklich, wer zur üblichen Wanderausrüstung auch noch Badekleider mitgenommen hat!
Von der Klewenalp NW ins Grosstal UR Nr. 1498
Klewenalp — n • NW

Von der Klewenalp NW ins Grosstal UR

Bei der Bergstation auf der Klewenalp lohnt sich noch ein Blick zurück auf den Vierwaldstättersee, hinüber zur Rigi oder weiter ostwärts zu den Mythen, bevor man in die andere Richtung loswandert. Bald hat man die Ferienhäuser auf der Klewenalp hinter sich gelassen und folgt einem Alpsträsschen durch abwechslungsreiche Alplandschaft. Nach Tannibüel wird der Wanderweg zum kleinen Pfad, der dem Sessellift in Sommerpause entlang hoch zur Chälenegg führt. Der schon von weitem auffällige Schinberg wirkt von nahem noch eindrücklicher und schroffer. Über kurze Geröllfelder steigt man weiter hoch zum Hinter Jochli, dem höchsten Punkt der Wanderung. Dieser Übergang ist beliebt für eine Pause, denn von hier aus hat man eine lohnende Aussicht, etwa zum Pilatus im Westen oder zum leuchtend weissen Blüemlisalpfirn über dem Grosstal. Auf dem Abstieg wandert man den mit Felsbändern durchsetzten Hängen des Schwalmis entlang. Dies ist eines der weltweit wenigen Gebiete, in denen die seltene Nidwaldner Haarschnecke lebt. Wegen der steigenden Temperaturen als Folge des Klimawandels versucht die kälteliebende Schnecke immer höher zu steigen, doch weil hier die Berge nicht sehr hoch sind, wird sie den steigenden Temperaturen bald nicht mehr ausweichen können. Bei den «Seelenen» blinken mehrere, in die hügelige Weidelandschaft eingebettete Seen in der Sonne. Im wenig tiefen Wasser spiegeln sich Urirotstock, Brunnistock und Blackenstock. Der Wanderweg führt an den Alpen Ober und Unter Bolgen vorbei immer tiefer hinunter nach Gitschenen. Dabei merkt man selber, wie es immer wärmer wird, je weiter man absteigt. In der Nähe der Seilbahnstation kann man gleich zwischen zwei gemütlichen Gasthäusern auswählen, wo man sich vor der Heimreise noch die Zeit vertreiben kann.
Von Dorf zu Dorf im Unterengadin Nr. 1495
Lavin — z • GR

Von Dorf zu Dorf im Unterengadin

Nach etwa zwanzig Minuten Finsternis schiesst die Rhätische Bahn aus dem Vereinatunnel ins Licht des Unterengadins. Wilde Kalkberge und ausgedehnte Waldflanken beherrschen die Sicht. Die Vorfreude auf die kommende Wanderung steigt denn auch auf der kurzen Weiterfahrt nach Lavin. Das Dorf brannte im Jahr 1869 fast vollständig nieder und wurde in etwas anderem Stil, zum Beispiel mit flachen Dächern und breiteren Strassen, neu aufgebaut. Um zum Uferweg am Inn zu gelangen, durchquert man das ganze Dorf und erlebt dabei seine einladende, grosszügige Architektur. Am Inn überquert man die gedeckte Holzbrücke und wandert flussaufwärts auf breitem Weg, der auch einige Hartbelagsabschnitte aufweist. Vielleicht fällt einem auf der Karte der Flurname Foura Baldriun auf. Dies ist eine Waldlandschaft mit schluchtartigen Gräben, Spalten und Höhlen. Hier sollen sich im Dreissigjährigen Krieg, als österreichische Heere das Unterengadin heimsuchten, die Bewohner der nahen Dörfer versteckt haben. Bald danach ist Susch erreicht, der Talort am Flüelapass, vor dem Bau des Vereinatunnels im Jahr 1999 noch die einzige direkte Verbindung von Norden ins Unterengadin und im Winter oft gesperrt. Hinter Susch folgt der Wanderweg weiter dem Lauf des Inn. Bei Fuorcha kommt man an einer alten Richtstätte mit noch erhaltenen Galgensäulen vorbei. Auf dem folgenden Wegabschnitt waren im Jahr 2018 Bauarbeiten im Gang, um die Walderschliessungswege zu verbreitern. Zum Wandern wäre der schmale Weg natürlich schöner gewesen, dafür bleibt nun mehr Platz fürs Nebeneinander von Wanderern und Bikern, die diese Strecke auch gerne unter die Stollenpneus nehmen. In Zernez, dem Ziel der Wanderung, locken an heissen Tagen die Glatscharia mit ihren Glace-Kreationen und viele Restaurants. Zudem lohnt sich ein Rundgang durch das Dorf mit seinen zahlreichen historischen Gebäuden.
Aussicht auf die Valser Wahrzeichen Nr. 1552
Vals, Zervreila — t • GR

Aussicht auf die Valser Wahrzeichen

Einen Zwetschgenkuchen wie in der Hängelahütte kriegt man nicht alle Tage: Biskuitteig, Zwetschgen und ein Überzug aus karamellisierten Baummüssen, das Ganze mit Früchten und Rahm hübsch dekoriert. Die Kreation stammt aus der Küche von Trudi Schnider. Sie bewirtschaftet mit Tochter Nicole die urgemütliche Hängelahütte oberhalb von Vals. Herzlichkeit und heimelige Atmosphäre sind den beiden wichtig, genauso wie Gerichte aus regionalen Produkten und selbst gezogenen Kräutern, die vor dem Haus wachsen. Die Speisekarte ist klein, doch was man hier isst, wird mit Liebe auf dem Holzherd gekocht. Auf dem Wanderweg von Zervreila über Gadastatt nach Vals ist man selten allein unterwegs. Ein Klassiker, der auf kurze Distanz die Valser Wahrzeichen pfannenfertig serviert. Nach der Fahrt zum Zervreilasee führt die Tour über die 150 Meter hohe Staumauer zum kurzen Aufstieg nach Frunt. Beim Queren des Bauwerks wartet das Fotosujet des Tages: das Zervreilahorn, das sich im türkisfarbenen Wasser spiegelt. Nach dem einst ganzjährig bewohnten Maiensäss Frunt wird im munteren Auf und Ab Gadastatt erreicht. Viele haben hier genug gesehen vom Panorama und schweben mit der Gondel talwärts. Doch es lohnt sich, am Sonnenhang zum Maiensäss Stafelti weiterzuwandern, wo sich zum Ausblick auf die Valser Bergwelt der Blick in die Tiefe auf die Dächer des verwinkelten Dorfs gesellt. Die auf den Karten noch nicht eingezeichnete Hängelahütte ist nicht mehr weit. Nach dem Beizlibesuch heisst es durchhalten, denn das Alpsträsschen führt etwas monoton über An der Matta bergab. Nach der dritten Spitzkehre hatten die Wegebauer Erbarmen: Ein Wiesen- und Waldpfad nimmt einen mit auf den zackigen Abstieg ins Valser Zentrum.
Nachmittagswanderung nahe St. Gallen Nr. 1553
St. Gallen, Stahl — z • SG

Nachmittagswanderung nahe St. Gallen

Es muss nicht immer der Klassiker Drei Weieren sein: Wer in St. Gallen wandern will, darf ruhig auch einmal auf die andere Seite schauen. Nur wenige Busminuten vom Zentrum entfernt, taucht man hier sehr bald in Wald- und Wildleben ein. Von der Bushaltestelle «St. Gallen, Stahl» geht es gut markiert hoch durch die Eisenbahnersiedlung Schoren. St. Gallen wirkt hier ländlich und unbeschwert wie ein Dorf. Bald darauf taucht man in den Wald, noch hört man die Autobahn rauschen, doch das Geräusch verschwindet, sobald die Fahrzeuge in den Rosenbergtunnel tauchen. Nun geht es beschwingt weiter, mehrmals quert man Lichtungen, wo man unverhofft einsame, verwunschen wirkende Höfe erblickt. Schliesslich geht es hinauf Richtung Strebel, einen wunderbar ruhigen Ort in unmittelbarer Stadtnähe. Hier könnte man eine Zusatzschlaufe über einen gut ausgeschilderten Weg durch den Wald machen - eine beliebte Joggingrunde. Oder man taucht kurz ins gepflegte Quartier Rotmonten ein, um alsbald wieder abzuzweigen und den Fussweg Richtung Wildpark Peter und Paul zu nehmen. Er führt durch ein Pflanzen- und Tierschutzgebiet. Eine romantische Allee lädt zum Flanieren ein. Schliesslich erreicht man den Wildpark Peter und Paul, wo sich ein Restaurant befindet. Der Wanderweg führt durch den Wildpark Richtung Heiligkreuz. Vom Park steigt man eine Viertelstunde durch den Wald ab, bevor man in der Stadt eintrifft. Der Park ist immer geöffnet und der Eintritt gratis. Gegründet wurde er bereits 1892, 14 Jahre später kaufte er die ersten Steinkitze aus dem italienischen Aostatal. Alpensteinböcke waren damals praktisch ausgestorben. 1911 wurden dann die ersten erwachsenen Steinböcke im Weisstannental im St. Galler Oberland ausgesetzt. So begann die Wiederansiedlung von Steinböcken in den Schweizer Alpen.
Zum Maiensäss über dem Rheintal Nr. 1554
Start point — t • GR

Zum Maiensäss über dem Rheintal

Rar sind die Sonnenplätze am Calanda. Das steile, felsdurchsetzte Bergmassiv zwischen Churer Rheintal und Taminatal ist fest in der Hand der Wälder, erst oberhalb von 2000 Metern folgen ausgedehnte Viehalpen und wuchtige Bergspitzen. Einen dieser seltenen Sonnenplätze schnappten sich im 15. Jahrhundert die Walser und gründeten hoch über dem Dorf Haldenstein die Siedlung Batänja. Dort lebten sie sommers wie winters, bewirtschafteten Wald und Weide und unterrichteten die Kinder in der eigenen Schule. 1869 zogen die letzten Walser ins Tal. Heute verbringt man in den sonnengebräunten Holzhäusern Wochenenden und Ferien, wenige Bauern nutzen noch das Weideland. Batänja ist auch ein lohnendes Wanderziel, doch man muss einiges leisten. Gut 900 Höhenmeter sind von Haldenstein aus zu bewältigen, der Weg steigt mal moderat, mal stark. Doch er ist immer gut ausgebaut, in der Regel als Natursträsschen, zu Beginn als steindurchsetzter Bergpfad. Aussicht gibt es primär auf Bäume, wenige Male geben sie den Blick frei auf die Felsen der Calanda und auf das weit unten liegende Rheintal. Oldiswald, Rängg und Bärenhag heissen die Stationen im Aufstieg, bevor auf 1399 Metern Batänja wartet, mit vielen Sonnenbänkli und grossartigem Fernblick. Ist man zurück auf Bärenhag, zweigt linkerhand ein schmaler Pfad ab nach Untervaz. Für Abwechslung sorgen die abenteuerliche Streckenführung entlang senkrechter Felsen und durch finstere Tunnels sowie ein alter Eichenhain bei Pramanengel. Übrigens, wem der viele Wald als zu langweilig erscheint, dem sei gesagt: Der Calanda ist seit 2012 Wolfsgebiet, rund zehn Tiere leben an den einsamen Bergflanken. Die Batänja-Wanderung führt mitten durch ihr Revier.
Über alte Pfade des Binntals Nr. 1555
Binn — s • VS

Über alte Pfade des Binntals

Wer durch die Twingischlucht wandert, kann sich vorstellen, dass die Menschen hier vor einigen Jahrzehnten viele Monate im Winter wegen Lawi- nengefahr von der Umwelt abgeschnitten waren. Schroffe Felsen fallen von beiden Seiten steil hinunter. Die Wege sind verwegen in den Fels gehauen. Das Postauto hält mitten im beschaulichen Dorf Binn. Von dort geht es talaufwärts und über die alte Brücke auf die andere Seite der Binna, dann ein Stück der Strasse entlang, bis ein Pfad Richtung Ze Binne abbiegt. Durch sanfte Wiesen und mit Blick auf die hübsche Kapelle geht es runter in den Weiler Ze Binne und anschliessend zum kleinen Stausee, wo im Sommer eine Besenbeiz betrieben wird. Nun taucht man in die Twingischlucht ein. Hier kann man sich nicht verlaufen, denn es gibt nur einen Weg. Auf beiden Seiten fallen die Felswände steil hinab. Am Ende der Schlucht erreicht man die Strasse, die man nach ein paar Metern wieder linksseitig verlässt. Nun befindet man sich auf dem alten Römerpfad, der sich immer tiefer in den Wald hinabschlängelt, bis man schliesslich am tiefsten Punkt mit der alten Römerbrücke den Bach überquert und wieder sanft durch den Wald ansteigt. Bald kommt man an der Kapelle Blatt vorbei, wo sich eine Rast anbietet. Das Tal hat sich nun geöffnet, und bald wird auch der Römerpfad zu einem breiteren Feldweg. Kurz vor Bächernhäusern ist die Strasse gar asphaltiert. Nach der dortigen Kapelle lohnt sich der kurze Umweg durch den Weiler und die Felder, damit man nicht der Strasse folgen muss und vielleicht gar die berühmte Grengiols-Tulpe verpasst, die im Mai blüht. Vom Dorf Grengiols geht es noch einige Minuten der Strasse entlang bis zur Bahnstation, die sich unterhalb des Dorfs befindet.
Vom Rinderberg auf die Horeflue Nr. 1556
Rinderberg — r • BE

Vom Rinderberg auf die Horeflue

Das Rundumpanorama auf dem Rinderberg ist atemberaubend. Kein Wunder, pilgern hier an schönen Tagen viele hin. In gemütlichen Sechsergondeln fahren sie gemächlich den Berg hoch. Auch die Wanderung bis zum Hornberg ist für alle geeignet. Ältere Menschen kommen ebenso auf ihre Kosten wie Kinder oder Leute mit Knieproblemen. Angenehm flach bewegt man sich auf dem nicht allzu steil abfallenden Gratweg und geniesst die Bergsicht. Im Winter befindet sich hier ein grosses Skigebiet, doch davon ist ausser den Bergstationen wenig zu spüren. Ein erster Halt empfiehlt sich in der Alpwirtschaft Parwenge. Die Besenbeiz serviert Alpkäse, Wurst und Hamme sowie Bauernhofglace. Auffallend ist auch die eindrückliche Blumenpracht. Wer die Namen der Pflanzen nicht kennt, bekommt ab Hornberg Unterstützung: Der wenig begangene Weg auf die Horeflue ist ein Blumenweg. Kleine Schilder weisen mit Namen und Bild auf die verschiedenen Blumen hin. Es macht Freude, plötzlich die grosse Bibernelle oder die herzblättrige Kugelblume zu erkennen und zu benennen. Der kurze Weg auf die Horeflue ist aber ausgesetzt und steil und nur trittsicheren Wanderern zu empfehlen. Oben wird man mit einer tollen Sicht auf Gstaad belohnt. Ausserdem gibt es einen Picknicktisch und eine Grillstelle. Ebenso steil geht es auf der Rückseite wieder hinunter Richtung Horeneggli. Von hier fährt die Seilbahn nach Schönried. Oder man nimmt den Weg nach Saanenmöser unter die Füsse. Er geht im steten Bergab über Bergwiesen, bis man schliesslich im kleinen Dorf angelangt ist, das mit der Bahn gut erschlossen ist.
Sehnsuchtsort Freiberge Nr. 1557
Le Prépetitjean — r • JU

Sehnsuchtsort Freiberge

Es ist kompliziert, hierhin zu kommen. Es gibt wohl kaum einen Ort in den Freibergen, der erreichbar wäre, ohne mindestens dreimal umzusteigen. Dafür halten dann die Züge an Orten, wo das ungeübte Auge nichts als Wald und ein kleines Bahnhofsgebäude entdeckt. Auch Le Prépetitjean ist ein solcher Ort. Er besteht aus einem Hotel und zwei, drei Höfen, die zum Teil auch Übernachtungen anbieten. Und weil es hier so viele Einzelhöfe gibt, gibt es auch viele kleine Asphaltstrassen. Und solchen folgt man nun bis Le Petit Bois-Derrière mit seinem Gasthof. Nun folgt der Gang über Jurawiesen, mal von Pferden, mal von Schafen, mal von Mutterkühen beweidet. Und immer wieder kleine lichte Waldstücke, plötzliche Blicke auf Einzelhöfe. Idylle pur. Schliesslich kommt man nach Les Rouges-Terres, umgeht das Dorf aber, um dann doch noch am Café-Restaurant du Sapin vorbeizukommen. Schliesslich lohnt sich ein kleiner Umweg zum wunderbar gelegenen unberührten Etang des Royes, bevor man sich dem Zeltplatz von Saignelégier nähert. Nun geht man auf alten Wegen Richtung Saignelégier, Feld und Wald wechseln sich ab. Eine kleine Wegkapelle erinnert daran, dass früher die Wege noch weniger sicher waren - nicht vor Unfällen fürchtete man sich, aber vor Räubern. Kurz darauf endet der alte Weg auf der Strasse. Nun ist man in Saignelégier angelangt, kann aber die Hauptstrasse bis zum Bahnhof umgehen, indem man den Wanderwegzeichen folgt. Natürlich ist auch das Wegkommen kompliziert. Aber für saftige Jurawiesen nimmt man das gerne in Kauf.
Aussichtsreich über die Rigi Nr. 1558
Rigi Scheidegg — m • SZ

Aussichtsreich über die Rigi

Kaum eine Bergregion ist so gut erschlossen wie das Rigigebiet. Kein Wunder, dass auch Touristengruppen aus aller Welt die Zahnradbahnfahrt auf den Gipfel geniessen und dort für einige Fotos kurz aussteigen. Wer es etwas ruhiger mag, ist gut bedient, die 2017 komplett neu gebaute Luftseilbahn in Kräbel oberhalb von Arth-Goldau zu benutzen. In nur sechs Minuten führt sie einen auf die Aussichtsplattform Rigi Scheidegg. Hier startet der Panoramaweg Richtung Rigi Kulm. Der Weg ist bis Rigi Wölfertschen rollstuhlgängig, danach folgt der nicht mehr hindernisfreie Aufstieg bis Kulm. In Wölfertschen kann man auf die Bahn umsteigen, die bis Rigi Kulm oder zurück nach Arth-Goldau fährt. Die bis Wölfertschen eher flache Wanderung führt auf einem Feldweg von der Scheidegg in einem Bogen neben einigen Ferienhäusern vorbei. Danach gehören die saftigen Matten den Kühen. Sporadisch kommt man an einer Alp vorbei, und oft ist diese mit einer Alpwirtschaft kombiniert. Immer wieder gibt es Parkbänke zum Ausruhen und Geniessen der Aussicht. Beim Dossenbach passiert man einen Tunnel, bevor man nacheinander nach Rigi Unterstetten und Rigi First kommt. Bei der Bahnstation Wölfertschen schliesslich wechselt man auf einen schmalen Pfad, der nun steil bergauf Richtung Staffel führt. Ab Staffel bleibt es steil. Man teilt den Weg nun mit vielen Touristen, die die kurze Strecke zwischen Kulm und Staffel zu Fuss machen. Langsam öffnet sich der Blick auf alle Seiten, man sieht mal den Zuger- und den Lauerzersee, mal den Vierwaldstättersee. Durch den steilen Aufstieg gerät man ausser Atem, und es lohnt sich, immer mal wieder anzuhalten und die Aussicht zu geniessen, auch in einem der zahlreichen Bergrestaurants unterwegs.
Escursione di due giorni sul confine Nr. 1559
Bogno — o • TI

Escursione di due giorni sul confine

Le curve sembrano quasi infinite fino a quando, finalmente, si giunge a Bogno, in fondo alla Val Colla. Dal paese si snoda un percorso in salita che attraversa prati di montagna, case di villeggiatura isolate e un rado bosco, fino a raggiungere il Passo di San Lucio. Da qui si può godere per la prima volta di una vista sull’Italia. D’ora in poi, per due giorni sarete sempre sul confine, con i piedi a volte in Italia e a volte in Svizzera. Qui si alternano rose alpine, aspre rocce e ameni pascoli. Dietro ogni curva si cela un panorama sempre nuovo e inatteso, che aiuta ad affrontare i dislivelli quasi senza sforzo. In serata si scende attraverso il bosco fino alla Capanna Pairolo, un rifugio dal fascino italiano, dove il team è estremamente cordiale e la specialità della casa è la polenta. Il mattino seguente si parte in direzione dei Denti della Vecchia, montagne calcaree molto apprezzate anche dagli scalatori, che si ergono ripide verso il cielo e che, con il lago di Lugano sullo sfondo, costituiscono un soggetto fotografico assai pittoresco. Si scende poi verso l’Alpe Bolla, una capanna che si trova leggermente più in basso oltre il percorso suggerito. Inizia quindi la ripida salita al Monte Boglia. Da qui si può godere per l’ultima volta di un panorama a 360 gradi e lanciare un ultimo sguardo nostalgico all’Italia prima di iniziare a scendere verso la Svizzera. La discesa dolce attraverso il bosco permette di non affaticare troppo le ginocchia mentre l’ultimo tratto, più ripido, si fa sentire. Vale la pena fare un piccolo tour nell’ameno paese di Brè sopra Lugano.
Frühlingsgenuss auf Luzernisch Nr. 1510
Sursee — n • LU

Frühlingsgenuss auf Luzernisch

Langsam nähert sich das Donnern und Rumpeln, schwillt zum ohrenbetäubenden Lärm an, ein schriller Pfiff – und vorbei ist der Schnellzug, der Massen von Berufspendlern von A nach B bringt. Wohltuend hingegen ist die Stille, die sich am frühen Morgen ausbreitet, sobald man den Bahnhof Sursee hinter sich gelassen hat. Auf gut ausgeschildertem Wanderweg geht es durch den Sursiwald zum malerischen Mauesee. Auf einer kleinen Insel thront das gleichnamige Schloss, welches erstmals vor rund 830 Jahren erwähnt wurde. Da es in Privatbesitz ist, können seine Gemächer oder der idyllische Garten leider nicht besichtigt werden. Ein schöner Anblick von Weitem ist es aber allemal. Über Felder geht es weiter zum Dörfchen St. Erhard, das von den echten Lozärnern kurz als «Deret» bezeichnet wird. Leicht ansteigend führt der Weg auf den Santeberg, den lieblichen Hügelzug aus Sandstein, mit der grossartigen Aussicht auf die noch verschneiten Alpengipfel. Kaum vorstellbar, dass der Santeberg aus gepresstem Sand besteht, der hier vor 22 Millionen Jahren in einem grossen Meer abgelagert wurde. Bei Kaltbach wurden Höhlen in den Santeberg getrieben, wo tief im Inneren, wo es kühl und feucht ist wie in einem Burgverlies, edle Emmentaler und andere Käsesorten ihrer Vollendung entgegen reifen. Nach den ersten Schweissperlen lädt ein schöner Rastplatz mit Feuerstelle am Rande des Pfarrwaldes zu einer Pause ein. Weiter führt der Weg, mal schmal, mal breit, aber immer abwechslungsreich durch Wald, vorbei an blühenden Wiesen und Feldern zum höchsten Punkt auf der Chätzigerhöchi (699 m). Das ganze Zentralschweizer Alpenpanorama liegt einem zu Füssen, und man wird sich bewusst, welch’ Glück es ist, in der Schweiz zu wandern. Im engen Zickzack führt der Weg schliesslich hinunter nach Nebikon, wo mit einer kurzen Bahnfahrt zurück zum Ausgangspunkt ein beschaulicher Wandertag sein Ende findet.
Moorlandschaft am Col des Mosses Nr. 1604
Col des Mosses — e • VD

Moorlandschaft am Col des Mosses

Ab dem Col des Mosses, einem insbesondere bei Langläufern und Schneeschuhwanderern beliebten Wintersportgebiet, steigt der Weg rasch an und führt, vorbei an einigen Häusern und einer alten Seilbahnanlage, hinauf zum Plateau von Lioson d’en Bas. Hier kann man dabei zusehen, wie auf traditionelle Weise – in einem Kessel über einem Holzfeuer – Käse hergestellt wird. Der Etivaz AOP wird nur in den Sommermonaten und nach genauen Vorgaben von ausgewählten Alpkäsereien produziert, was eine gleichbleibend hohe Qualität gewährleistet. Nach einem kurzen Stück auf asphaltiertem Untergrund folgen der hübsche Anstieg nach Vers les Lacs und die Traverse, zwischen Felsen und Sträuchern hindurch, bis zum Lac Lioson. Am Ufer des in der letzten Eiszeit entstandenen Bergsees auf 1848 Metern Höhe, der im Sommer zum Angeln und im Winter zum Eistauchen genutzt wird, lädt das gleichnamige Restaurant zu einer Rast ein. Wer noch warten mag, wandert dem See entlang und danach hinunter zur Buvette des Charmilles auf der Moorebene von Pra Cornet. Dieses Feuchtgebiet ist Teil der Moorlandschaft von nationaler Bedeutung Col des Mosses/La Lécherette, bestehend aus sechs Hochmooren, Hunderten von Hektaren an Flachmooren und einer breiten Palette unterschiedlicher Biotope. Feuchtgebiete, Weiden und Wiesen bilden einen einzigartigen Lebensraum für Vögel, Schmetterlinge, Libellen, Amphibien, Kriechtiere und andere Arten. Die letzte Etappe der Wanderung führt zunächst dem Hang entlang und schliesslich hinunter ins Dörfchen La Lécherette.
Von Les Mosses ins Pays-d’Enhaut Nr. 1605
Col des Mosses — x • VD

Von Les Mosses ins Pays-d’Enhaut

Start der Wanderung, die zu einem grossen Teil auf Hartbelag verläuft, ist bei der Postautohaltestelle «Col des Mosses». Das erste Stück führt über die Hochebene von Les Mosses bis nach La Lécherette. Das Gebiet wurde 1996 ins Bundesinventar der Moorlandschaften von nationaler Bedeutung aufgenommen und beherbergt zahlreiche Biotope von hohem Wert für die Umwelt und die Artenvielfalt. Ein kantonaler Plan gewährleistet seinen Schutz und regelt die landwirtschaftliche und touristische Nutzung. Nach La Lécherette schlängelt sich der Weg der Bergflanke der Monts Chevreuils entlang, im Winter ein beliebter Ort für Ski- und Schneeschuhwanderungen. Vom Nordhang aus bietet sich ein herrlicher Ausblick auf das Pays-d’Enhaut, vom Saanetal über die Bergkette «chaîne des Vanils» bis zum Gummfluhmassiv, und mit Les Moulins und Château-d’Œx sind auch schon die nächsten Etappenziele in Sicht. Über Weiden, Wiesen und eine ehemalige Skipiste geht es hinunter bis nach Les Moulins, wo sich Feinschmecker in der Biokäserei mit einem Stück Gruyère AOP oder Raclettekäse eindecken. Ihr gegenüber sticht die kunstvoll verzierte, mit Inschriften und Sommerblumen geschmückte Holzfassade des Restaurants La Croix d’Or ins Auge. Die weitere Route führt der Saane und duftenden Kräuterwiesen entlang und schliesslich durch Felder hinauf zum Tagesziel in Château-d’Œx. Der dortige Bahnhof der Montreux-Berner Oberland-Bahn (MOB) wurde 2017 mit dem FLUX-Preis für überzeugend und ansprechend konzipierte Verkehrsknoten ausgezeichnet, wobei dessen Jury insbesondere die als wahres Kunstwerk gestaltete Gleisunterführung lobend erwähnte.
Quer durchs Pays-d’Enhaut Nr. 1606
Rossinière — t • VD

Quer durchs Pays-d’Enhaut

Gleich neben dem Bahnhof von Rossinière thront das majestätische Grand Chalet. Die stolzen Ausmasse des Gebäudes aus dem 18. Jahrhundert sind auf den riesigen Keller zurückzuführen, der ursprünglich für die Lagerung von über 600 Käselaiben vorgesehen war. Heute beherbergt das Grand Chalet die Familie des Malers Balthus (1908–2001), dessen Atelier und die gleichnamige Stiftung. Vorbei an den schmucken alten Holzhäusern rund um den Dorfplatz geht es hinaus aus Rossinière und hinein in den sanften, von Weiden gesäumten Anstieg in Richtung Pâquier au Lièvre und Château-d’Œx. Nach der Überquerung der Saane auf der Turrian-Brücke, der ältesten bis heute genutzten Hängebrücke der Schweiz (1883), verläuft der Weg einem Auengebiet von nationaler Bedeutung entlang, eingerichtet zum Schutz der natürlichen Dynamik des Flusses sowie seiner Flora und Fauna. Ein besonderer Blickfang ist der sprudelnde Ramaclé-Wasserfall. Nach einem kurzen Aufstieg zum Weiler Gérignoz und der erneuten Überquerung der Saane ist schon bald Les Combes erreicht. Hinter der Kantonsstrasse führt der Weg hinauf zur in der Sommersaison geöffneten Buvette des Serpenteys, bekannt für ihre Käsegerichte. Weiter geht es durch das kleine Tal von Les Ciernes Picat bis nach Rougemont. Auf dem Schlussabstieg durch das Dorf gibt es viele alte Holzhäuser zu bestaunen, deren Fassaden mit detailreichen Schnitzereien, Malereien und Inschriften dekoriert sind. Ein berühmter Einwohner von Rougemont war der Scherenschnittkünstler Louis Saugy, dem ein interessanter Lehrpfad gewidmet ist.